Santuario Madonna delle Coste

Il Santuario Mariano della Madonna delle Coste si trova poco sopra l’abitato di Accumoli e gode della particolare situazione di essere duplice meta di pellegrinaggio: da parte degli accumolesi a Pentecoste (cinquanta giorni dopo Pasqua) e da parte degli abitanti di Capodacqua di Arquata del Tronto il 19 settembre.

Il luogo di devozione è di probabile origine eremitica (XII-XIII sec.) e vi si venerava un’antica Immagine mariana. La tavola, della fine del secolo XVI e attualmente conservata in Municipio (ora in custodia presso il MIBACT a fronte del suo recupero dopo il sisma del 24 Agosto 2016), è composta da due sportelli laterali con dipinte le Storie della vita di Maria e da una parte centrale con la Madonna che allatta il Bambino, con la testa di Maria che costituisce il frammento della tavola originariamente dipinta da un maestro abruzzese della fine del secolo XIII segnalato dall’illustre storico d’arte Federico Zeri.

La chiesa ha forma rettangolare con tetto a capanna e volte all’interno ed è costruita con pietra arenaria. Fu ristrutturata nel ‘600 dal giureconsulto Cinzio Camerari, come attesta una lapide all’interno.” (CAI – Ascoli Piceno)

Attualmente la chiesa non è visitabile avendo subito seri danni nel dal sisma del 24 agosto e seguenti.

Pasta al “Vergaro”

PASTA DEL VERGARO

INGREDIENTI  per 4 persone:

  • Pasta gr. 400 (gomiti o sedanini),
  • ventresca gr. 150,
  • ricotta fresca gr. 80,
  • ricotta secca gr. 70,
  • pecorino amatriciano,
  • sale,
  • pepe,
  • 1/4 bicchiere di acquavite.

PREPARAZIONE

Tagliare a cubetti la ventresca, rosolarla e sfumarla con l’acquavite in una padella capiente; a parte preaparare le ricotte aggiungendo sale e pepe q.b. e lavorarle insistentemente con una forchetta; cuocere la pasta in acqua moderatamente salata, scolarla e riversarla nella padella della ventresca; mantecare aggiungendo la ricotta precedentemente preparata, 1/2 bicchiere di acqua della cottura, quindi spolverata finale di pecorino e ricotta secca q.b..

 

IL VERGARO

Quando le greggi transumavano dalle campagne romane ai pascoli montani, erano accompagnate da un’intera struttura di uomini con incarichi e responsabilità ben codificate.

In testa, quale rappresentante dei proprietari, c’era il VERGARO, il responsabile della gestione di tutti i pastori, dei loro spostamenti, della “spesa” necessaria al loro mantenimento, della custodia e manutenzione dei prodotti caseari. Aveva un vice, il VERGAIOLO che lo aiutava e sostituiva, in sua assenza, nelle funzioni.

Nell’ordine delle responsabilità subito dopo veniva il BUTTERO che si occupava dei carretti, dei calessi, dei muli e dei cavalli quindi dei trasporti in genere.

Con una sua autonomia operativa, c’era il CACIARO il vero professionista del formaggio e della ricotta che si producevano all’aperto, in montagna in capanne che si riattivavano di anno in anno.

Essendo i pastori sempre vicini alle loro greggi, c’era qualcuno che curava il trasporto dei loro bagagli – cassette di legno con pochi effetti personali – che si chiamava il BAGAJONE .

Poi i pastori, a seconda della tipologia di pecore che custodivano – e che avevano esigenze di pascolo diverso – venivano chiamati con nomi diversi: il LATTARO che portava nei pascoli migliori le pecore che producevano latte, il MONTONARO che guidava i montoni e sovrintendeva alla monta nei periodi giusti per concentrare la produzione di agnelli quando c’era maggior richiesta di mercato, il SODARO per le pecore che non avevano ancora figliato, le “sode”, e l’ AGNELLARO per pascolare gli agnelli.

In fondo alla scala delle responsabilità c’era il BATTISECCHIO, incaricato di dare la sveglia appunto battendo dei coperchi contro i secchi. Poi veniva il BISCINO che aveva cura dello stazzo dove pernottavano le pecore ed infine il RIBISCINO, una specie di mozzo di stalla a cui venivano affidati i lavori più semplici. Essendo un neoassunto, il suo impegno più importante era quello di procurare sempre acqua fresca per i pastori.

Fonte: www.roccasalli.it

Pasta alla “Gricia”

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

  • 400 g  di mezze maniche
  • 250 g di guanciale
  • 150 g di pecorino grattuggiato
  • 1 cucchiaio di strutto o olio extravergine
  • 1 pepe nero q.b.
  • 1 pugno di sale grosso per la pasta

Preparazione

Prendete una pentola, riempitela d’acqua e salatela. Quando arriva ad ebollizione buttate la pasta.
Nel frattempo tagliate le fette di guanciale a striscioline lunghe, uniformi e dello stesso spessore.
Grattugiate il pecorino.
Ora versate un cucchiaio di strutto (in alternativa potete usare l’olio extravergine di oliva) nella padella in ferro in modo da ricoprirne completamente il fondo e fatelo scaldare a fuoco vivo.
Versate le striscioline di guanciale e una manciata di pepe nero mescolando immediatamente con un mestolo di legno.
Abbassate il fuoco e fate rosolare il guanciale per un paio di minuti, fino a quando non avrà raggiunto la giusta coloritura dorata, attenzione,  non si deve bruciare.
A cottura ultimata scolate la pasta al dente.
Versate la pasta nella padella in ferro e saltateli, aggiungendo, un po alla volta il pecorino grattugiato e il pepe nero quanto basta.
Versate la pasta alla gricia in un piatto, aggiungendo in superficie un pizzico di pecorino e pepe nero, serviteli ben caldi.

Come arrivare

Accumoli è l’ultimo Comune del Lazio, confina con Marche ed Umbria

Da Roma si possono avere du possibilità, la prima senza ususfruire di un piccolo trattto di autostrada, la seconda utilizzando l’autostrada:

 

 

  1. Seguire la Salaria (S4) per circa 140 Km.  direzione Ascoli Piceno (via Rieti – Antrodoco – Accumoli) sino a giungere al bivio per Accumoli.
  2. Seguire il raccordo autostradale (per la A1) dal GRA a Fiano Romano (18 Km.), uscita Fiano Romano
    e proseguimento con la Salaria(S4) direzione Rieti (altri 46 Km.) quindi vedi le indicazioni precedenti.

Da Ascoli Piceno:

  1. Seguire la Salaria (S4) direzione Roma fino araggiungere il bivio per Accumoli